EternalBlue Vulns.
CVE-2017-0144, meglio
nota come “EternalBlue” è una vulnerabilità con score CVSSv2: 9.3 ossia, il praticamente quasi il massimo in termini di impatto. E’ critica non solo per l’impatto che può avere sul sistema, ma ovviamente sulla larga diffusione.
Considerando che attacca il protocollo SMB, possiamo semplificare indicando che è pertanto vulnerabile tutto ciò che è condiviso in rete mediante questo protocollo.
Evoluzione della
minaccia:
La prima disclosure avviene nella fine del 2017, ma non si limita qui. Infatti troviamo recenti revisioni. I sistemi affetti sono Microsoft Windows 2000, XP, 7, 8, 10 (fino alla build 16) Microsoft Server 2000, 2003, 2008, 2008 R2, 2012.
Breve analisi della minaccia
EternalBlue, nelle sue varianti, affligge pertanto i sistemie che utilizzando condivisioni basate su protocollo SMBv1. La sua pericolosità è dettata anche dal fatto che non richiede un intervento utente come ad esempio avviene negli altri vettori di attacco come il phishing via mail.
Questo vulnerabilità pertanto viene sfruttata in RCE (Remote Code Execution), attaccando direttamente il servizio vulnerabile.
Come anticipato, la diffusione è molto ampia, nonostante gli ultimi sistemi abbiano subito il patching, rimangono ad oggi molti sistemi che non sono
aggiornati. Pertanto nonostante i moderni sistemi come Windows 11 abbiamo già la patch di sicurezza necessaria, rimangono ad oggi molti sistemi che per retrocompatibilità o semplice mancanza di aggiornamenti non eseguiti utilizzano ancora il protocollo SMBv1 o versioni di sistemi operativi datate.
Cosa provoca
Questa falla permette quindi di prendere il controllo iniettando una shellcode in esecuzione. Non solo attaccanti “fisici” ma anche molte minacce APT (Advanced Persistent Threat) hanno sfruttato e sfruttano questa vulnerabilità per prendere il controllo del sistema bersaglio.
E’ possibile quindi prendere il controllo, avviare comandi, fare pivoting e movimenti laterali in modo indisturbato all’interno della rete.
Ricordiamo inoltre che sfruttare questa falla porta molto spesso ad accessi di tipo privilegiati in termini di controllo del sistema remoto, con tutti i
vantaggi da un punti di vista della persistenza e semplicità di infezione dei vari servizi.
Cosa fare
Microsoft ha rilascato diversi bulletin in relazione a questa vulnerabilità, che trovate qui sotto:
https://docs.microsoft.com/en-us/security-updates/securitybulletins/2017/ms17-010
Qui infatti troviamo le diverse versioni dei sistemi vulnerabili e le relative patch o hotfix.
Ovviamente tra i principali consigli, c’è quello di aggiornare il sistema operativo alla più recenti versioni, non solo per EternalBlue ma anche per molte altre vulnerabilità ancora presenti in sistemi datati.
LECS VS EternalBlue
L’algoritmo intelligente Specto, conosce già bene la minaccia, identificandola e classificandola immediatamente.
Il posizionamento strategico del device o Virtual Appliance LECS, permette di identificare questa minaccia che si muove nella rete.
Ma già nelle prime fasi della Kill-Chain può identificare la minaccia.
Durante la ricognizione di una minaccia che vuole trovare host vulnerabili si genera un particolare traffico di rete che LECS già in questa primo step
identifica immediatamente.
Questo fa sì che si aumenti la soglia di trigger per minacce in quel contesto, mettendo il device in “allerta” ed inviando la notifica relativa all’amministratore.
Diciamo che non è detto che tale servizio aperto permetta di sfruttare la falla, dipende da molti altri fattori.
Pertanto l’attaccante può andare in “ricognizione avanzata” verso il target, testando la vulnerabilità di un numero elevato di host, per trarre maggior
vantaggio in breve tempo.
Anche in questa fase, non direttamente collegata quindi rispetto alla prima, LECS identifica il tentativo di ricerca SMB per EternalBlue.
Qualora avvenga questo tentativo espressamente chiaro e finalizzato, LECS interviene immediatamente con la contromisura in base al tipo di appliance
fisico o virtuale.
Non solo, ovviamente anche nel caso statisticamente sfavorevole, ma praticamente devastante dove l’attaccante vada a “colpo sicuro”
sul target, evitando scansioni, LECS blocca immediatamente il traffico, evitando quindi non solo che la minaccia completi il suo ciclo.
Questo fa si che non solo si quindi che si vada a spezzare la kill-chain, ma evita che la minaccia si muova lateralmente, Impendendo
quindi proliferazione ed infezioni ulteriori.
Ricordiamo infatti che queste RCE possono essere pericolosissimi vettori di ulteriori malware come ransomware, in quanto permettono di aprire un canale
diretta con la rete bersaglio e muoversi liberamente.
Con EternalBlue infatti si potrebbe benissimo fare del pivot, ovvero sfruttare l’ host già compromesso per entrare ancora più all’interno della rete, muovendosi
contro bersagli molto meno protetti come gli IoT e creando una pericolosissima persistenza difficilmente (se non impossibile) identificabile se non con una
misura come LECS, che agisce indistintamente anche contro le altre forme nella quale la minaccia cibernetica può trasformarsi nei casi più gravi e di
difficile detection.
In blu le fasi dove LECS interviene automaticamente in caso di EternalBlue.
La mancanza di misure di controllo all’interno di un’area, avrebbe quindi causato un danno devastante in quanto nessun sistema avrebbe
identificato la minaccia, permettendogli quindi di agire in modo indisturbato in milioni di reti aziendali e private.
Salvaguardare una rete aziendale da gravi danni semplicemente collegando un
device alla rete, è esattamente la nostra mission.
Threat Hunting Team
Ricercatore appassionato di sicurezza informatica.
Certificato eCCPT, eNDP, Sophos.
Sviluppatore ed hacker etico, con la missione di estendere la CyberSecurity ovunque.
Ideatore del progetto LECS.